Categoria: Imprese

Prove tecniche di Corporate social innovation

Un proverbio africano dice che il momento giusto per piantare questalbero era 20 anni fa ma se lo facciamo adesso vuol dire che il momento giusto per piantarlo è ora. Non è vero che non sono ancora maturi i tempi per innovare strategicamente e portare a valore le politiche di Csr ripensando il business in una logica di corporate social innovation. Innanzitutto perché iniziano a circolare le prime definizioni. Per esempio quella del professor Bradley Googins del Boston College Center for Corporate Citizenship secondo il quale la CSI è la strategia attraverso cui un’organizzazione combina il suo set unico di corporate assets (competenze imprenditoriali, capacità di innovazione, spirito manageriale, scaling up, ecc.) con le risorse di altri attori/settori per creare soluzioni originali a problemi sociali, economici, ambientali complessi che impattano sulla società e sulla sostenibilità del business. In secondo luogo perché cominciano a moltiplificarsi gli esperimenti in giro per il mondo che poi tanto esperimenti ormai non sono più.

Origin Green, un piano di sostenibilità per lagrifood irlandese

L’Irish Food Board ha avviato lo scorso settembre il progetto Origin Green, un nuovo programma di sviluppo sostenibile per l’industria food beverage irlandese. Origin Green mira a rendere l’Irlanda un leader mondiale nella produzione sostenibile e di qualità di alimenti e bevande, nonché un riferimento per quei retailer internazionali e fornitori di servizi nel food, che vedono nella sostenibilità uno dei fattori chiave della crescita. Il progetto è già partito e diversi target di sostenibilità sono stati definiti. Secondo un recente studio condotto dalla Commissione europea, l’Irlanda ha tra le più basse impronte di CO2 legate alla produzione lattiero-casearia e di carne nell’Unione europea. L’inglese Cranfield University ha recentemente condotto alcuni studi sull’impronta idrica associata alla produzione lattiero-casearia e di carne irlandese, secondo i quali l’Irlanda presenta un impatto sulle risorse idriche tra i più bassi al mondo.

Un database per lecopackaging

Come promuovere i packaging più sostenibili e nello stesso tempo censire le best practice aziendali del settore imballaggi? Basta un database, come Best Pack, che raccoglie le confezioni cellulosiche premiate per la loro attenzione all’ambiente ed è disponibile sul sito di Comieco, il Consorzio recupero e riciclo dell’imballo a base cellulosica. Grazie a menu a tendina è possibile visionare le case study inserite, in funzione del premio assegnato, della categoria merceologica o del Paese di appartenenza, o delle azioni di recupero e riciclo premiate: per esempio ottimizzazione dei volumi o risparmio dello spazio, riduzione dei consumi o delle emissioni, alleggerimenti o minor utilizzo di materie prime. In pratica, schede informative a disposizione di pubblico e aziende, facili da consultare sulle più diverse proposte che coniugano funzionalità, approccio innovativo e attenzione all’ambiente e che hanno ottenuto riconoscimenti legati al concetto di prevenzione in tutta la fase di vita del pack, dal processo di produzione, alla progettazione del consumo, allo smaltimento finale.
Best Pack ora comprende 400 casi e viene aggiornato continuamente.
Dall’analisi di Best Pack il materiale più premiato a livello internazionale risulta essere il cartone teso, il più frequentemente utilizzato per imballaggi destinati al consumatore finale, con oltre 170 casi recensiti, seguito dal cartone ondulato (120 casi) e dalla carta da imballo. Per quanto riguarda l’innovazione, spiccano scatole e astucci, per la biodegradabilità invece sacchi e sacchetti; inoltre, il 40% della banca dati è rappresentato da interventi effettuati sull’imballaggio primario.

Ittici: l’impoverimento degli stock e il ruolo dell’acquacoltura

Questo mese la Fao ha pubblicato il ‘World review of fisheries and aquaculture 2012′. Il rapporto indica come la produzione di prodotti ittici nel mondo abbia superato i 150 milioni di tonnellate. Il 40% circa deriva dall’acquacoltura, che sfoggia il tasso di crescita più alto tra i vari settori alimentari. Il peso dei prodotti ittici da pesca, invece, dopo essere quintuplicato rispetto agli anni Sessanta, si è stabilizzato a circa 80 milioni di tonnellate prodotte ed è poco probabile che riprenda la sua crescita, considerato l’impoverimento delle risorse. Il 60% degli stock – popolazioni biologicamente indipendenti di specie pescate a livello commerciale – è già sfruttato al limite della sostenibilità, mentre il 30% è sovrasfruttato.
Considerato un tasso annuale di aumento della popolazione mondiale del 3,2%, e l’avvenuto raddoppio del consumo pro capite di prodotti ittici (da 9 kg a 18 kg ca), è quasi certo che nei prossimi anni l’aumento di domanda verrà soddisfatto da un aumento nella produzione da acquacoltura. La Fao prevede infatti che, nel 2018, le tonnellate di prodotti ittici derivate da acquacoltura supereranno quelle da pesca. Ma l’aumento della produzione da acquacoltura verrà limitato in maniera sempre più incisiva dalla ridotta disponibilità di aree adeguate allo sviluppo della stessa e a limiti tecnologici nell’allevamento – alcune specie non sono riproducibili in cattività. L’incremento della popolazione e dei consumi dovranno certamente ridursi nel corso dei prossimi 20 anni a causa delle limitate risorse e a costi delle materie prime già raddoppiati negli ultimi dieci anni.

Date le premesse e le preoccupanti previsioni in termini ecologici ed economici, è normale che alcune aziende produttrici – armatori, impianti di acquacoltura, trasformatori, traders e la grande distribuzione – si siano attivate per favorire la pesca e acquacoltura sostenibile. Queste aziende hanno compreso che la sicurezza economica e la crescita dipendono dal mantenimento delle risorse e materie prime nel tempo. È così che a livello mondiale la sostenibilità dei prodotti ittici sta divenendo un ‘must’, presupposto fondamentale per la selezione dei nuovi fornitori.
Al fine dell’ottenimento di una certificazione di prodotto da pesca sostenibile, lo stesso deve originare da stock non sovrasfruttati ed essere pescato con metodi selettivi e rispettosi del fondale marino. Per l’acquacoltura la certificazione di sostenibilità della produzione include la verifica di parametri come l’impatto della costruzione del sito di produzione, la qualità delle acque in uscita, la prevenzione delle fughe di pesce e l’ottimizzazione della gestione delle acque, rifiuti ed energia.

In Italia, tre aziende della Gdo – Conad, Coop Italia ed Esselunga – hanno cominciato ad affidarsi ad audit di certificazione di terze parti e al progetto Friend of the Sea, per verificare la sostenibilità dell’origine di alcuni loro fornitori. Agroittica Lombarda, principale produttore al mondo di caviale da storione allevato, e Caviale, da anni contribuiscono con la loro produzione ad alleviare la pressione sullo storione selvatico, tra le specie in pericolo di estinzione. La Cooperativa Astro e la Società Agricola Sterpo (l’Italia è principale produttore europeo di trote) rispettano rigidi parametri di gestione e qualità delle acque. Generale Conserve seleziona, per il suo tonno a marchio As do Mar, solo tonni adulti e solo da flotte certificate sostenibili. Anche i principali produttori di alici e sgombri – Delicius, Isola d’Oro, Rizzoli Emanuelli e Zarotti – si rivolgono a flotte che operano nel rispetto dell’habitat marino. Coam (salmone Scandia) e Fjord selezionano il loro salmone da origini Friend of the Sea.

Insomma, il movimento per la pesca e acquacoltura sostenibile è attivo ed in crescita anche in Italia. Considerata l’estensione delle nostre coste, lo storico rapporto dell’Italia con il mare e la pesca, la pregevole produzione di prodotti di ottima qualità, sarebbe certamente auspicabile che queste iniziative aziendali si moltiplicassero e coinvolgessero un numero sempre maggiore di attori, mantenendo l’autorevolezza di una certificazione svolta da terza parte indipendente e secondo rigidi parametri di sostenibilità.

Trend mobile: le app diventano green

È ormai un fatto consolidato: le App sono uno strumento sempre più utilizzato per lavoro e per divertimento e rappresentano una vera rivoluzione comunicativa.
Secondo l’Osservatorio Mobile Internet Content&Apps della School of Management del Politecnico di Milano, nel 2011 la spesa degli italiani per la navigazione da smartphone è esplosa con un +52%, salendo oltre quota 800 milioni di euro.
Un altro aspetto evidenziato, altrettanto rilevante, è la crescita del 4% del mercato Mobile Content & Apps (pay e adv) che nel 2011 è giunto a quota 530 milioni e per il 2012 ci si aspetta un ulteriore aumento superiore al 15 per cento.
A ogni necessità la sua App, come dire che la tecnologia è sempre più orientata a fornire ai consumatori strumenti in grado di rispondere a ogni esigenza. E la tecnologia web mobile riveste sempre più un ruolo chiave nella strategia di comunicazione integrata delle aziende, che utilizzano il canale mobile a complemento della comunicazione via web, ma soprattutto per coinvolgere il cliente in un’ottica interattiva.

In Conad, più pesce certificato

Aumentano i prodotti ittici a marchio Conad derivati da impianti di acquacoltura certificati sostenibili che portano sul bancone del fresco dei punti vendita Conad branzini, orate, rombi e trote sostenibili, riconoscibili dall’etichetta Friend of the Sea.

Ogni nuovo impianto di allevamento da cui provengono i prodotti certificati è sottoposto ad audit e ogni fase, dalla produzione alla distribuzione, è oggetto di accurata analisi condotta da organismi indipendenti che seguono i rigidi dettami della certificazione Friend of the Sea.

I clienti Conad non sono nuovi all’etichetta Friend of the Sea che rafforza il marchio di filiera Conad Percorso Qualità, e sanno bene cosa significa: prodotti frutto di allevamenti rispettosi degli habitat critici, mangimi no Ogm e privi di ormoni della crescita,  rispetto della normativa sui parametri delle acque, applicazione di sistemi per prevenire le fughe di pesce, e ottimizzare la gestione dei rifiuti.

«è molto importante per la conservazione dell’ambiente marino che supermercati come Conad integrino nelle proprie strategie di acquisto di prodotti ittici il requisito essenziale della sostenibilità – commenta Paolo Bray, fondatore e direttore di Friend of the Sea.

Latteria Montello calcolerà l’impronta dei formaggi

Dopo Acqua Minerale San Benedetto e illycaffè, il ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del mare ha individuato un altro capofila nel calcolo del carbon footprint delle filiere alimentari. è Latteria Montello, industria casearia da 90 milioni di euro di fatturato con sede a Giavera del Montello (Tv).
Il produttore di formaggi freschi a marchio Nonno Nanni ha infatti vinto nei giorni scorsi il bando per un progetto finalizzato a calcolare l’impronta di carbonio lungo tutta la filiera e durante le fasi di vita di alcuni dei loro prodotti di punta. E così tre formaggi tra i più amati della tradizione Nonno Nanni – stracchino, stracchino con fermento probiotico e robiola – diventano anche presidi attivi per la salvaguardia dell’ecosistema. L’impegno assunto con il progetto che si è aggiudicato il bando è quello di ridurre e neutralizzare in futuro le emissioni di CO2 in atmosfera.
«Siamo un’azienda, ma anche una famiglia – sottolinea Silvia Lazzarin, responsabile marketing di Latteria Montello – da sempre attenta alle esigenze della tutela dell’ambiente e allo sviluppo armonico del nostro territorio. La vittoria di questo bando ci riempie di autentica soddisfazione anche perché rappresenta un ulteriore riconoscimento del nostro impegno per la sostenibilità dei processi di produzione».

Per i tre prodotti in questione, Latteria Montello realizzerà alcune attività mirate: selezione della metodologia da applicare per il calcolo delle emissioni connesse al ciclo di vita dei prodotti; individuazione, in base ai risultati della fase precedente, di misure e azioni finalizzate alla riduzione delle emissioni di carbonio valutandone i costi/benefici; individuazione di possibili misure e politiche per la neutralizzazione dell’impronta di carbonio.

Per misurare la Carbon Fooprint dei tre prodotti, saranno presi in considerazione la lavorazione, l’impiego e le modalità di produzione di materie prime, la fornitura e il trasporto delle stesse, la produzione, la distribuzione e la vendita dei prodotti dell’industria casearia, ma anche i sistemi di trasporto e gli usi dei prodotti, nonché la gestione di fine vita del prodotto e dei suoi residui.
«Si tratta di un processo impegnativo, ma di grande interesse per la nostra realtà – commenta Lazzarin -, che nel corso degli anni ha già attivato procedure per un maggior risparmio energetico che hanno permesso di raggiungere importanti risultati per esempio nell’ambito della raccolta differenziata, dove la percentuale di imballaggi destinati al recupero è passata negli ultimi anni dal 35% a più del 60 per cento. Inoltre, disponiamo di un impianto di trattamento dei reflui che vengono alla fine utilizzati in agricoltura. Siamo anche riusciti a ridurre le emissioni di CO2 durante le attività aziendali – conclude -, attraverso la riduzione del traffico veicolare».

Per il calcolo dell’impronta di carbonio sarà messa a punto un’idonea metodologia basata sulle procedure standardizzate e riconosciute a livello internazionale (in particolare WRI/WBCSD GHG Protocol). A conclusione della fase iniziale, sarà disponibile un inventario delle emissioni di gas a effetto serra generate dalla filiera produttiva e dalle diverse fasi del ciclo di vita dei prodotti selezionati. Nella fase successiva, verranno studiate e individuate le misure e le azioni finalizzate alla riduzione delle emissioni di carbonio, che potranno comprendere anche interventi di miglioramento dell’efficienza delle strutture esistenti con tecnologie innovative, nonché interventi sull’infrastruttura energetica di Latteria Montello. Infine si procederà con l’individuazione delle possibili misure per la neutralizzazione dell’impronta, con la redazione di un piano per la compensazione delle emissioni che non è stato possibile o non sarà possibile abbattere in seguito alle misure e azioni individuati nella seconda fase.