Categoria: Imprese

Meno sprechi tra i fornelli

Quale strascico hanno lasciato i recenti scandali alimentari della ‘carne equina’ e qual è l’attuale percezione dell’industria alimentare in Italia?
L’indagine avviata dall’istituto di ricerca Ipsos Pubblic Affairs all’indomani degli episodi più critici ha cercato di dare risposta a questi interrogativi. Ne esce un quadro piuttosto solido del comparto, che si vede confermata la sufficienza piena (6,19 su 10), con un 23% di rispondenti che le riconoscono addirittura voti superiori al 7. «Nel complesso, il settore alimentare paga lo scotto delle proprie crisi, ma sempre in forma lieve – commenta Andrea Alemanno, group director di Ipsos –. Spicca invece un atteggiamento di crescente sfiducia verso le multinazionali, che non raggiungono la sufficienza. Si fermano infatti al 4,95, a fronte delle piccole aziende nazionali o locali, che si attestano sopra il 7. Ma è un atteggiamento che non si traduce in atto d’acquisto e non penalizza i grandi brand. In fondo, al di là delle dichiarazioni, i nomi noti restano leader, cioè preferiti a scaffale, perchè sono ancora in grado di rassicurare i consumatori».
Ampliando il raggio d’indagine, la ricerca Ipsos ha messo in evidenza due macrotendenze che coinvolgono il comparto alimentare: la prima è l’attenzione agli sprechi. «Si tratta di un’onda lunga, che la crisi ha accelerato, ma che era già emersa con forza. Il consumatore si è fatto più razionale, nella spesa fa attenzione a non sprecare, evita l’acquisto d’impulso salvo nei prodotti più spiccatamente edonistici».

Gri-G4, come ti ingaggio il Cda

Le aziende con un processo consolidato e integrato nel business per la gestione dei temi ambientali e sociali sono solo una piccola parte di quelle che ogni anno pubblicano un rendiconto delle proprie performance di sostenibilità. Non è infrequente, infatti, che le aziende comincino ‘dalla fine’ il proprio percorso di avvicinamento alla sostenibilità, proprio a partire dallo sforzo di adeguarsi agli standard di rendicontazione. Con l’uscita della nuova versione delle linee guida Gri-G4 per la rendicontazione di sostenibilità questo panorama potrebbe però mutare. Infatti, se le versioni precedenti dello standard Gri (G3 e G3.1) si prestavano a un esercizio di ‘spunta’ degli indicatori da rendicontare a partire dai dati disponibili in azienda, la prospettiva implicita nel G4 è opposta: prima occorre decidere su quali temi (economici, ambientali, sociali) focalizzare la propria rendicontazione (i temi ‘material’), e in seconda battuta definire, per ognuno, quali indicatori rendicontare, con quale livello di approfondimento e con quale modalità. In altre parole sta all’azienda la libertà (e la responsabilità) di focalizzare la rendicontazione solo sui temi più rilevanti, e questo rende cruciale il modo in cui questa scelta viene effettuata, vale a dire il processo di determinazione dei temi material, che deve essere solido, trasparente, e non può prescindere da un elevato coinvolgimento del management ai più alti livelli aziendali.

Gender diversity: fattore di successo per la crescita

Favorire la valorizzazione delle competenze femminili in azienda, ma soprattutto incidere sulla cultura delle differenze di genere e sull’informazione aziendale, trovando il giusto mix di talenti, aspirazioni e competenze tra uomo e donna, capace di migliorare il clima e le performance nelle organizzazioni. Questo il tema principale emerso dal terzo incontro del ciclo ‘Anime Diverse’, ideato e realizzato da Anima per il sociale nei valori d’impresa, associazione non profit promossa da Unindustria, che promuove la cultura della sostenibilità tra le imprese del territorio, in collaborazione con Studio Santarsiero, che si occupa di consulenza nel settore delle risorse umane.
In occasione dell’incontro, si sono confrontate le aziende Ferrovie dello Stato Italiane, Msd Italia e Orange Business Services.

Jorgen Sanders, il mondo tra 40 anni

Ho trascorso questi ultimi 40 anni cercando di salvare il mondo dall’insostenibilità, con scarso successo, e così mi è nata la curiosità di sapere cosa accadrà nei prossimi 40 anni. I limiti dello sviluppo e i successivi Rapporti erano studi di analisi di scenario che descrivevano una serie di futuri diversi, che parlavano del loro merito relativo, e raccomandavano una politica che avrebbe potuto rendere il futuro meno insostenibile.

2052 è un cambio di rotta significativo: in esso propongo ciò che io credo potrà accadere su larga scala tra oggi e il 2052. La previsione è guidata da un modello informatico, ma è anche mediata dalla mia ipotesi del ruolo che giocherà il processo decisionale umano nei prossimi anni.

Food, le vie dell’etica sono tre

Quali modelli ha a disposizione un’azienda alimentare che vuole comunicare la sostenibilità? È quanto ha cercato di indagare l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo con l’occasione della presentazione dell’indice Poliedro (Pollenzo index environmental and economics design), nato per offrire un parametro univoco di valutazione della sostenibilità dei prodotti alimentari. «La comunicazione delle aziende del food si è finora focalizzata, per così dire, sul ‘modello qualità’ – spiega Giacomo Festi, studioso dell’Università di Pollenzo (nella foto, ndr) –, ovvero ha cercato di trasmettere i concetti di gusto, freschezza, salubrità, valori nutrizionali, ecc. Ebbene, la comparsa del concetto di sostenibilità va a mettere sotto pressione questo modello, rendendo necessari nuovi paradigmi».

Quattro strade
per trasmettere il gusto
Per semplificare, il modello qualità finora sfruttato dall’advertising alimentare prevede quattro modalità. La prima ha come messaggio principale il rispetto di severi standard produttivi (qualità ‘regolata’), per esempio vantando le certificazioni ottenute dall’azienda.

Age Diversity: le best practice di UniCredit e Telecom

Favorire lo scambio intergenerazionale in azienda e il passaggio di valore tra una generazione e l’altra, rinnovare e rimettere in circolo le energie degli over experienced, favorendo l’inserimento e l’apprendistato dei più giovani. Questi i temi principali emersi dal secondo incontro del ciclo ‘Anime Diverse’, ideato e realizzato da Anima per il sociale nei valori d’impresa, associazione non profit promossa da Unindustria, che promuove la cultura della sostenibilità tra le imprese del territorio, in collaborazione con Studio Santarsiero, che si occupa di consulenza nel settore delle risorse umane.

In occasione dell’incontro, si sono confrontate le aziende Telecom Italia e Unicredit. L’esperienza di Telecom Italia rileva quanto sia importante per l’azienda avere un personale il più possibile eterogeneo, non solo dal punto di vista dell’età. «Solo così l’azienda può crescere e rinnovarsi senza dover rinunciare alle conoscenze e alle abilità acquisite nel tempo – spiega Fabio Galluccio, responsabile people caring di Gruppo Telecom Italia (nella foto) – L’allungamento della vita lavorativa aumenta l’age diversity all’interno dei contesti lavorativi. Sempre di più le organizzazioni diventeranno terreno di confronto fra differenti generazioni: almeno quattro generazioni che condividono gli stessi spazi di lavoro e operano sugli stessi processi, ma con caratteristiche e approcci diversi. Diventa quindi sempre più cruciale per le imprese dotarsi di strumenti e di responsabili capaci di cogliere le caratteristiche distintive delle molte generazioni presenti per rendere l’organizzazione un luogo in grado di accogliere e soddisfare le aspettative delle diverse fasce generazionali di popolazione favorendone allo stesso tempo l’integrazione».

Fondazione Uman, uniti per investire….responsabilmente

Paperoni dal cuore d’oro cercasi. C’è questo e molto altro ancora dietro la nascita di Fondazione Uman, prima esperienza strutturata di innovazione dell’investimento responsabile in Italia lanciata e destinata, ci auguriamo, anche a dare un bell’impulso allo sviluppo di una cultura di corporate social innovation. L’obiettivo è ambizioso: indirizzare risorse private verso imprese sociali e creative e connettere l’Italia con le fondazioni filantropiche internazionali per promuovere crescita intelligente e sviluppo umano. Le risorse di partenza di tutto rispetto anche a cominciare da un advisory board di fama mondiale. La connessione con grandi gruppi industriali già ai nastri di partenza. Il contesto di azione sicuramente sfidante se pensiamo che ogni anno nel mondo le fondazioni che promuovono filantropia innovativa mettono insieme risorse per oltre 52,5 miliardi di dollari ma il nostro Paese è clamorosamente assente da questa geografia del giving contemporaneo, esprimendo non meno di 1 miliardo di dollari di raccolta secondo il Global Index of Philanthropy.

L’innovazione sociale per rispondere alla crisi dunque? «Vogliamo sollecitare la creazione di nuovi strumenti di investimento – spiega Giovanna Melandri – e sperimentare in Italia nuove idee per un capitalismo più ‘Umano’ capace di innovare profondamente la finanza, rendendola solidale e socialmente utile». Le cifre e gli esempi in giro per in mondo non lasciano dubbi. Warren Buffet ha destinato oltre 43 miliardi di dollari allo sviluppo umano, battendo il suo amico e concorrente filantropico Bill Gates che ne ha offerti ‘solo’ 40. In America lo chiamano ‘Giving Pledge’ l’impegno a donare più della metà dei propri profitti. Il risultato è che l’82% delle risorse mondiali destinate alla filantropia deriva da fondi privati, e solo il 18% da fondi governativi. La filantropia, quindi, per orientare il cambiamento e perché no, rendere più efficiente grazie a questo nuovo ossigeno il modello di welfare europeo generando un legame virtuoso tra la ‘corporate philanthropy’ e la ‘good society’. Tante le personalità che hanno creduto in questo progetto e oggi siedono nell’Advisory board della fondazione.

Si va dal Premio Nobel Muhammad Yunus a Jacques Attali, Presidente dell’organizzazione Planet Finance; da John Podesta, consigliere del Center For American Progress a Kerry Kennedy, Presidente del Robert F. Kennedy Center For Justice and Human Rigths; da Pamela Hartigan, Direttrice del Centro Skoll per l’imprenditoria sociale a Francesca Boldrini, Direttore Salute e Advocacy Europa della Bill and Melinda Gates Foundation; da Giuliano Amato, presidente dell’enciclopedia Treccan ad Aldo Bonomi, Fondatore del consorzio Aaster insieme a docenti universitari ed esperti del calibro di Sebastiano Maffettone e Stefano Zamagni, oltre al Fondatore della comunità di Sant’Egidio e ora Ministro alla cooperazione Andrea Riccardi. I primi passi operativi? La promozione del legame virtuoso tra Enel Green Power e il Barefoot College per portare elettricità nei villaggi rurali in America Latina tramite impianti fotovoltaici ‘formando’ le donne al ruolo di installatrici-ingegneri solare. E il lancio a breve del primo Impact fund italiano che opererà all’interno del Giin (Global Impact Investing Network), una rete di fondi sociali di investimento lanciata nel 2007 dalla Fondazione Rockfeller che include già oltre 150 fondi a impatto sociale.

Arriva il Pioppo certificato

Favorire una gestione consapevole del pioppo e migliorarne i diversi utilizzi in Italia è l’obiettivo principe di PioppOk, comitato tecnico creato da ConLegno, il Consorzio servizi legno e sughero che ha dato vita al nuovo marchio di qualità “100% Poplar Made in Italy”. Una mission ben definita, come si vede, che si propone di diffondere un corretto impiego di questa pianta e della sua intera filiera con un’attenzione particolare alla tutela dell’ambiente.
L’industria legata al pioppo in effetti è una realtà prestigiosa, potente e strategica per la nostra economia, la pioppicoltura è uno dei settori di maggiore interesse per le industrie del legno italiane, soprattutto in seguito alla diffusione di nuovi tipi colturali altamente produttivi e dotati di una buona resistenza alle intemperie e alle avversità. «Le filiere basate sull’utilizzo del legno di pioppo e dei suoi derivati rappresentano per l’Italia un’eccellenza ampiamente riconosciuta anche a livello internazionale – fanno sapere da Conlegno –. Il sistema Italia relativo al pioppo, infatti, unisce molti distretti produttivi tra cui l’industria del mobile e della carta, il comparto dei compensati, il mondo dell’imballaggio in legno e quello della produzione di energia. Per tutti questi settori, la pioppicoltura è il bacino ideale di fornitura di materia prima e assume un’importanza vitale soprattutto se si considera che il nostro paese importa più dei tre quarti del legno che consuma. Attualmente, infatti, la superficie coltivata a pioppo copre circa 65 mila ettari contro una domanda di 3,1 milioni di tonnellate pari a circa 140 mila ettari».

La Csr approda in Cina: alcune best practice

In tutto il mercato asiatico, e in particolare in Cina, si inizia ad affermare lo studio, l’assimilazione e l’adozione dei concetti di sostenibilità.
Qui il contesto politico fa sì che non solo aziende, ma lo Stato stesso assuma un ruolo particolarmente attivo nella promozione delle politiche di Csr. Volendo contribuire alla costituzione di un ambiente istituzionale propenso all’innovazione, con una piena integrazione tra le macro strategie aziendali e politiche il governo cinese ha specificatamente introdotto, nell’11° piano quinquennale, la responsabilità sociale nelle strategie di sviluppo del Paese. In aggiunta, vi sono altre iniziative locali quali l’introduzione dello standard Csc 9000T da parte della Confederazione Cinese delle Industrie Tessili, nonché la proposta dell’amministrazione statale di convertire lo standard Iso 26000 in standard nazionale.
La crescente attenzione al tema e la piena consapevolezza dei positivi ritorni economici, ha attratto l’interesse non solo del mondo industriale cinese, della popolazione civile e dei mass media, ma anche degli investitori. È stato così creato il primo Fondo di Investimento dedicato alla responsabilità sociale nel 2008, seguito da altri tre nel 2011.

Casi aziendali di rilievo
Le strategie aziendali cinesi si stanno muovendo su quattro fronti: crescita endogena, risparmio energetico, rispetto ambientale e miglioramento delle condizioni di lavoro con progetti mirati di assistenza.
A fronte di tali finalità, a titolo esemplificativo, si riportano alcune best practice locali presentate in occasione del workshop dedicato “Csr in different countries: a focus on China”, organizzato dal CSR Manager Network:

Bolzano: qui gli affari sono green

Una business location d’eccellenza: Bolzano è risultata al primo posto per capacità di erogare credito (secondo il rapporto Confartigianato) oltre che per la qualità della vita (in base alla classifica del Sole 24 Ore).
Elementi di attrazione importanti per imprenditori e responsabili d’azienda che in questo territorio dal 1983 a oggi hanno già ricevuto finanziamenti pari a 500 milioni di euro.
Nello specifico, l’analisi firmata Confartigianato mette in luce come in un’Italia al primo posto per i più alti tassi d’interesse sui finanziamenti registrati nell’area Euro a 17 la migliore performance su questo fronte si registra a Bolzano con una media del 3,91 per cento. E sempre Confartigianato, che ha misurato i maggiori costi delle imprese italiane rispetto a quelle tedesche che complessivamente ammontano a 10,7 miliardi di euro (con punte di 3,7 miliardi per le imprese del Lazio e di 1,8 miliardi per le aziende della Lombardia) dimostra come in Trentino Alto Adige invece, le imprese pagano 23,3 milioni in meno rispetto alle aziende tedesche.